PESCARA – Senza una decisa assunzione di responsabilità dell’Abruzzo intero e della sua classe dirigente, la soluzione del problema del porto di Pescara appare remota. Lo afferma la Cna regionale, secondo cui «l’apprezzabile mobilitazione messa in campo dalle forze economiche e sociali cittadine è destinata a scontrarsi con la dimensione eccezionale del problema, se non ci sarà a sostenerla la volontà delle principali istituzioni politiche regionali».
A detta dell’associazione presieduta da Italo Lupo, «la proposta formulata solo poche settimane fa dalla struttura provinciale della confederazione artigiana, ma non raccolta con sufficiente convinzione anche dalle istituzioni locali – ovvero la rimodulazione dei fondi Fas da parte della Regione, con la destinazione dell’intera somma necessaria allo sblocco dell’emergenza, calcolata in circa 40 milioni di euro – è la sola in grado di sbloccare davvero la situazione, perché permette di costruire una ipotesi di lavoro contando su risorse certe». «Con quei fondi – aggiunge la Cna abruzzese – si potrebbero apportare alla diga foranea le modifiche necessarie a impedire il ripetersi, negli anni futuri, del fenomeno dell’insabbiamento; e la Regione, che attraverso lo stesso presidente Gianni Chiodi ha già dato disponibilità per circa la metà di questa somma, avrebbe poi modo di recuperare la differenza dagli altri enti coinvolti nel finanziamento. Ogni altra ipotesi appare invece come fumo negli occhi».
«Senza un rilancio del porto pescarese – conclude la Cna – e al di là dei danni economici, ambientali e d’immagine patiti dalla città di Pescara, solo una visione miope può pensare che non sia l’intero Abruzzo a pagarne caro il prezzo: valga per tutti il blocco, ormai in vigore dallo scorso anno, dei collegamenti stagionali per, e da, la costa croata. Danni all’economia turistica regionale che si ripercuotono sull’intero Abruzzo, e sui quali occorrerà lavorare per anni nel tentativo di recupare il terreno perduto».