PESCARA – Assolto perche’ non punibile in quanto incapace di intendere e di volere all’epoca dei fatti, un anno di reclusione per il reato di falso in concorso (pena sospesa), liberta’ vigilata per dieci anni. E’ la decisione del gup di Pescara a carico del tecnico informatico di 48 anni, affetto da disturbo psicotico atipico, che la notte tra il 17 e il 18 luglio 2014 uccise nel sonno il figlio adottivo di 5 anni Maxim nell’abitazione coniugale di via Petrarca.
L’uomo, difeso dall’avvocato Giuliano Milia, e’ stato giudicato con il rito abbreviato. La moglie e due medici sono stati invece rinviati a giudizio per il reato di falso in concorso. Il processo a carico dei tre prendera’ il via 27 aprile prossimo davanti alla Corte d’Assise di Chieti. Era stato lo stesso pm Andrea Papalia a chiedere l’assoluzione del tecnico informatico dal reato di omicidio in quanto, secondo la perizia dello psichiatra Renato Ariatti, all’epoca dei fatti, l’uomo “versava per infermita’ in condizioni di totale esclusione della capacita’ di intendere e volere”.
L’imputato, dunque, secondo la legge, non e’ punibile. Per il reato di falso il pm invece avevo chiesto otto mesi. Oltre alla liberta’ vigilata per dieci anni, il giudice ha confermato l’obbligo per il tecnico informatico di recarsi due giorni alla settimana presso il Centro Salute Mentale di Pescara. Inoltre, il gup ha fissato per il prossimo 24 marzo, alle 10, l’udienza di verifica periodica della pericolosita’ sociale dell’uomo. Per quanto riguarda il reato di falso, secondo l’accusa i due coniugi, relativamente alla dichiarazione di disponibilita’, presentata al tribunale per i minorenni dell’Aquila, all’adozione internazionale, con contestuale richiesta di relativa idoneita’, avrebbero omesso di riferire e fornire notizie sui disturbi e sulla patologia psichiatrica del 48enne.
I due medici, sempre secondo l’accusa, avrebbero invece attestato che il padre di Maxim era esente da difetti fisici e psichici, omettendo di rilevare l’esistenza di patologie. “Verificheremo, cercheremo di capire e andremo avanti, perche’ siamo convinti che veramente in questa circostanza i coniugi abbiano fatto tutto quello che avrebbero dovuto fare”, ha detto l’avvocato Alfonso Vasile, uno dei difensori della moglie dell’uomo.