Pescara

Presentazione mostra ‘L’eredità di Falcone e Borsellino’ con Procuratore Alfredo Morvillo

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Il cognato di Giovanni Falcone ha parlato, ieri, agli studenti dell’Istituto Alberghiero ‘De Cecco’ nella seconda giornata dedicata alla cultura della legalità

PESCARA – “Il vissuto dei magistrati Falcone e Borsellino a Palermo, in anni difficili e diversi da quelli attuali, non ci è estraneo, perché dietro ci sono dinamiche che interessano tutto il territorio nazionale e la storia del nostro Paese. Il loro messaggio più autentico è che non ci fermiamo dinanzi a nulla: Borsellino sapeva che era arrivato a Palermo l’esplosivo per lui, ma ha continuato a lavorare a Palermo, non è scappato, sino all’ultimo giorno”.

Sono le parole con cui ieri il Procuratore Capo della Repubblica di Termine Imerese Alfredo Morvillo, cognato di Giovanni Falcone, si è rivolto agli studenti dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’, nel corso della seconda giornata dedicata alla cultura della legalità e promossa nell’ambito della 21a edizione del Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’. Presenti in un’Aula magna gremita di studenti, la dirigente Alessandra Di Pietro, Sabrina Saccomandi, Dirigente dell’Ufficio Scolastico di Pescara e Chieti; Leo Nodari, fondatore del Premio; e l’Ispettore Carlo Di Michele, dell’Ufficio Scolastico regionale e la presidentessa del Premio Gabriella Sperandio.

“Il Premio Borsellino – ha ricordato la Dirigente Di Pietro – è l’occasione per affrontare in modo incisivo un tema importante per la scuola, la cultura della legalità, che non è solo repressione, non è solo la sanzione dinanzi a una violazione delle norme, non si fa solo nelle aule dei tribunali o nelle Caserme dei Carabinieri, ma si fa dentro le aule, nella scuola, con l’obiettivo di spingere ogni cittadino a sentire forte, intimamente, il senso della legalità e dell’integrità, perché la scuola è il luogo in cui si incide sulle coscienze. E la comprensione della legalità passa attraverso l’esempio, la testimonianza, e il Premio Borsellino è un premio alla testimonianza di figure apicali. Falcone e Borsellino hanno testimoniato il valore della legalità, l’hanno praticata ricoprendo integralmente il proprio ruolo. Il 25 ottobre prossimo inaugureremo nella nostra scuola una Mostra Nazionale fotografica, organizzata dal Miur e dall’Ansa, dedicata a due persone, in un arco temporale compreso tra il 1939 e gli anni ’90, una mostra ‘Sull’eredità di Falcone e Borsellino’ che ci permetterà, attraverso 150 scatti, di conoscere realmente il loro intimo per meglio capire il loro operato. E nella nostra scuola è già attivo un Laboratorio di cittadinanza, che si snoda attraverso la visione di film, incontri, la drammatizzazione di opere, per proporre agli studenti momenti di confronto e di riflessione con un unico obiettivo: fare in modo che gli studenti vivano con gli ideali di forza e coraggio, coltivando il senso del rispetto di sé e degli altri, soprattutto verso i più deboli”.

“Ad Alfredo Morvillo, testimone diretto degli anni e degli eventi che riguardarono Falcone e Borsellino, oggi va il premio voluto nel 1992 da Antonino Caponnetto – ha detto Leo Nodari -, il giudice che strinse in pool le migliori energie della Procura di Palermo, un premio già assegnato a Giancarlo Caselli, a Don Ciotti e ai tanti che portano avanti il testamento di Falcone e Borsellino”.

E dopo il saluto dei Dirigenti Saccomandi e Di Michele la parola è passata al Procuratore Alfredo Morvillo: “Parlando dell’eredità lasciata da Falcone e Borsellino è importante capire cosa ciascuno di noi deve fare per dare un senso alla loro morte e al loro sacrificio. Loro sono andati incontro a quel sacrificio consapevolmente, le condizioni in cui vivevano a Palermo era di forte contrasto alla criminalità, mafiosa e non. C’era un’atmosfera larvata di aderenza alle Organizzazioni criminali, e questo riguardava un po’ tutti, uomini delle professioni, della magistratura, delle Forze dell’Ordine, come dicono atti documentati, ci sono sentenze passate in giudicato su persone che costituivano la società di quegli anni. Il momento storico di Falcone e Borsellino era difficile, e dopo aver toccato il fondo, perché all’epoca non c’era nulla, non c’erano i processi né gli arresti, sono nati uomini diversi che hanno vissuto con un coinvolgimento nuovo, con una carica straordinaria il senso del rispetto e della legge. Ma oltre a Falcone e Borsellino abbiamo avuto altri fulgidi esempi – ha elencato il Procuratore Morvillo -, come Ninì Cassarà, il Capo della Mobile Giuliani, il Capo della Catturandi Montana. E ovviamente la Mafia non accettava che nel clima soporifero generale ci fosse qualcuno che voleva imprimere un ritmo diverso. Le ‘eccezioni’ sono state subito individuate e si offrivano come bersaglio naturale, come il generale Dalla Chiesa, il politico Pio La Torre. Nella magistratura ci fu Rocco Chinnici che faceva il giudice istruttore, cuore pulsante delle attività investigative, e che rivoluzionò l’Ufficio, rendendolo efficiente. Non solo fece completare l’organico della struttura, ma fu lui a farsi assegnare il giudice Falcone, inizialmente a Palermo come giudice fallimentare. Chinnici è stato il primo a parlare fuori dalle aule del Tribunale, ad andare nelle scuole, tra i ragazzi, è stato una figura fondamentale per la giustizia palermitana, e allora Falcone, Borsellino, Chinnici, non vanno ricordati solo perché uccisi dalla mafia, ma dobbiamo ricordare ciò che hanno fatto in vita. I processi che ancora oggi si celebrano sono il frutto del loro lavoro: è stato Falcone ad avere l’intuizione di ricorrere ai collaboratori di giustizia col famoso Buscetta, Falcone lo convinse a parlare per la prima volta e a rompere il muro dell’omertà. Senza quella intuizione forse ancora oggi saremmo al 1970. Oggi dobbiamo studiare cosa hanno fatto queste persone e capire che hanno portato avanti i principi di legalità, di giustizia, di impegno con un lavoro instancabile. Purtroppo Falcone ha lavorato anche in un clima particolare, in cui non tutti sono stati pronti a schierarsi con lui, anzi qualcuno ha anche tentato di ostacolarlo. Come quando lo hanno convinto a candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura e poi non lo hanno fatto eleggere, o quando venne creata la Procura Antimafia e volevano affidarne il coordinamento al giudice calabrese Cordova che stava indagando sulla massoneria. Poi arrivò la strage di Capaci, la morte di Falcone, e lo stesso Cordova è stato abbandonato, ovvero lui era solo funzionale a contrastare Falcone. Dopo il ’92 – ha proseguito il Procuratore Morvillo – il mondo è cambiato, è stato un fiorire, anche a Palermo, di iniziative di educazione alla legalità, nelle scuole è stato fatto tantissimo, dopo il ’92 c’è stata una nuova qualificazione della lotta alla criminalità con un maggior coinvolgimento della società civile, ed era ovvio perché quello che è successo a Palermo in quegli anni è stato pazzesco. Hanno ucciso un Presidente di Regione, un Generale, dei giudici, un sacerdote, un bambino, era ovvio che la gente si ribellasse. E ricordiamo che dietro quei fatti non ci sono dinamiche territoriali, ma dinamiche nazionali: dopo l’omicidio del Generale Dalla Chiesa sono spariti effetti personali dalla sua casa in Prefettura; dopo l’omicidio di Borsellino è sparita la sua borsa; dopo l’arresto di Riina non è stata perquisita la sua casa, anomalie che non riguardano solo Palermo o la Sicilia”.

Poi il Procuratore Morvillo ha ricordato, con emozione, anche la figura della sorella, il magistrato Francesca Morvillo, moglie del giudice Falcone, uccisa con il marito sulla strada per Capaci, “nostro padre era severo, voleva che studiassimo, e mia sorella ha trascorso buona parte della sua vita a studiare, per poi reggere per più di 15 anni, da sola, il Tribunale dei Minori di Palermo, come unico Sostituto, poi l’amore con Giovanni e la Corte d’Appello”. Al Procuratore Morvillo la dirigente Di Pietro e Leo Nodari hanno consegnato il Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’.

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