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Marcello Marciani sul podio del Premio “Malattia della Vallata”

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Il poeta lancianese conquista in Friuli Venezia Giulia il secondo posto con la poesia in dialetto “A Serge, frateme”

BARCIS – Dopo la vittoria, a dicembre 2017, del prestigioso Premio Nazionale “Salva la tua lingua locale” con tre componimenti inediti in dialetto frentano, un altro ambito riconoscimento giunge a coronare la carriera artistica di Marcello Marciani. Il poeta lancianese, infatti, si è aggiudicato il secondo posto alla XXXI edizione del Premio letterario Nazionale “Giuseppe Malattia della Vallata” con la poesia in dialetto “A Serge, frateme”.

La cerimonia di premiazione si è svolta a Barcis, in provincia di Pordenone, il 15 luglio scorso. Vincitrice del concorso è stata la poetessa catanese Saragei Antonini, mentre al terzo posto si è classificato Maurizio Noris di Albino (Bergamo).

IL PREMIO

Fondato nel 1988, il Premio letterario “Giuseppe Malattia della Vallata” per questa edizione è stato dedicato esclusivamente alle poesie nei dialetti italiani e nelle lingue minoritarie, inedite o edite e mai premiate in altri concorsi. Poco meno di 200 i partecipanti, provenienti da quasi tutte le regioni italiane, a testimoniare che il dialetto è una lingua ancora viva e pulsante in tutta la penisola. Inoltre, nell’ambito del Premio letterario “Giuseppe Malattia della Vallata” è nato da quest’anno il “Premio Pierluigi Cappello”, in ricordo del poeta friulano scomparso lo scorso ottobre, che da alcuni anni era anche componente della Giuria del Premio.

BIOGRAFIA

Marcello Marciani è nato e risiede a Lanciano (CH). Ha pubblicato: “Silenzio e frenesia” (Quaderni di “Rivista Abruzzese”, Lanciano 1974), “L’aria al confino” (Messapo, Siena-Roma 1983), “Body movements”, con traduzione inglese a fronte di Amelia Rosselli (Gradiva Publications, Stony Brook-New York 1988), “Caccia alla lepre” (Moby DicK, Faenza 1995), “Per sensi e tempi” (Book, Castelmaggiore 2003), “Nel mare della stanza” (LietoColle, Faloppio 2006), “La corona dei mesi” (LietoColle Faloppio 2012), “Rasulanne” (Cofine, Roma 2012) e, infine, “Monologhi da specchio” (Robin, Torino 2017). Suoi testi in dialetto frentano sono stati eseguiti negli spettacoli Mar’addó’ (1998-1999) e Rasulanne (2008/ 2012), dove ha partecipato anche come attore. Dal 1988 al 2008 è stato segretario organizzatore del Premio Nazionale di Poesia in Dialetto “Lanciano-Mario Sansone”. Ha ricevuto diversi premi, fra cui: Gabicce Mare, Matacotta, Nelle terre dei Pallavicino, Noventa-Pascutto, Pandolfo, Penne, Ischitella-Pietro Giannone, Salva la tua lingua locale. È presente in riviste e antologie italiane e statunitensi con componimenti in italiano e in dialetto.

A SERGE, FRATEME

Quanne te sî spusate sole capìte…
ca la çiannafìcure de le jurnate
trezzecate aunìte struscènne struscènne
s’avè’ štuccate… tu te n’avì’ štrajte
gne nu principe zumpate a nu cavalle,
i’ avé’ remašte a fa’ rešcuppà’ le bbolle:
šcurtecóne longhe nche li scarp’asciùte.
Quanne te sî ‘ccasate s’ha sbuïtate
lu bahujje de le revuçegna ti’:
a une a une me le so’ repassate
pe capì’ dentr’a lu té chi ere i’
ma me sî ditte curre nte ‘nserrà’ cchiù
študìjete a dà’ nu sole a sse jurnate
sennó la vite te ‘nfónne te sî štute.
Mo’ che ti sî štutate, pe’ la cavute*
che dinte de judizie mi sî lassate!
Lu Tempe vecchiarelle già l’ha ‘ndurate
pe’ cucchià’ du’ spicce di relliquie mute.
A scarp’asciùte corre p’arecchiapàrte
ma che cianchétte fî nche štu sulénżïe.
‘Mpizz’a nu sonne i’ me t’arràmpeche. Senze.
Marcello Marciani

A SERGIO, MIO FRATELLO

Quando ti sei sposato ho capito/ che l’altalena delle giornate/ dondolate insieme strofinando
strofinando/ s’era spezzata… tu te ne eri stra-andato/ come un principe saltato su un cavallo/
io ero rimasto a far riscoppiare le bolle:/ ultimarrivato lento con le scarpe slacciate.// Quando
ti sei accasato s’è svuotato/ il baule dei tuoi rovistamenti:/ a uno a uno li ho passati in
rassegna/ per capire dentro al tuo (vissuto) chi ero io/ ma mi hai detto corri non serrarti più/
sbrigati a dare un sole a queste giornate/ sennò la vita ti affonda ti si spegne.// Ora che ti sei
spento, per il tombino/ che denti di giudizio mi hai lasciato!/ Il Tempo vecchierello già li ha
indorati/ per radunare due spiccioli di reliquie mute./ A scarpe slacciate corro per
riacchiapparti/ ma che sgambetto fai con questo silenzio./ In punta a un sogno io mi
t’arrampico. Senza.
*La cavute era il magico tombino dove venivano lasciati i denti da latte caduti per farli
raccogliere da un vecchietto che, con un obolo, avrebbe confortato il bimbo del dolore della
perdita. Tale credenza infantile è qui applicata all’età adulta, col vecchietto del Tempo che,
indorando i denti del giudizio e facendone reliquie, tenta di lenire il dolore della morte.

Marcello Marciani sul podio del Premio “Malattia della Vallata” ultima modifica: 2018-07-21T14:23:42+00:00 da Redazione
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Tags: Lanciano

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