Infatti la Commissione Europea, in una nota diffusa il 15 febbraio scorso, ha inviato un parere motivato al nostro Paese esortando Abruzzo, Basilicata, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Sardegna e Sicilia a conformare i piani per la gestione dei rifiuti agli obiettivi della legislazione europea in materia di rifiuti (direttiva 2008/98/CE) e ai principi dell’economia circolare.
I piani regionali sono destinati a ridurre l’impatto dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente e a migliorare l’efficienza delle risorse in tutta l’Ue. Gli Stati membri sono tenuti a rivalutare i loro piani di gestione dei rifiuti almeno ogni sei anni ed eventualmente a riesaminarli.
Oltre all’Abruzzo, le altre regioni italiane che, stando alla nota della Commissione europea, non hanno ancora riesaminato i loro piani di gestione dei rifiuti adottati nel 2008 o prima di tale data, sono la Basilicata, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, il Piemonte, la Sardegna e la Sicilia.
Va ricordato che la direttiva 2008/98/Ce relativa ai rifiuti, regolamenta, in particolare, il quadro normativo per il trattamento dei rifiuti negli Stati membri dell’Ue e definisce alcuni concetti basilari per il recupero e lo smaltimento. Inoltre, stabilisce gli obblighi essenziali per la gestione dei rifiuti, in particolare un obbligo di autorizzazione e di registrazione per un ente o un’impresa che effettua le operazioni di gestione dei rifiuti e un obbligo per gli Stati membri di elaborare piani per la gestione dei rifiuti.
Stabilisce, inoltre, principi fondamentali come l’obbligo di trattare i rifiuti in modo da evitare impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Definisce, altresì, il principio «chi inquina paga», il requisito che i costi dello smaltimento dei rifiuti siano sostenuti dal detentore dei rifiuti, dai detentori precedenti o dai produttori del prodotto causa dei rifiuti.
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