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“Il ‘silenzio’ nel mutismo selettivo”, un’interessante occasione di confronto a Castel di Sangro

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CASTEL DI SANGRO – Si è tenuto venerdì pomeriggio a Castel di Sangro, presso la sala consiliare della Comunità Montana, il convegno intitolato “Il ‘silenzio’ nel mutismo selettivo”. Un’interessante occasione di incontro e confronto su un disturbo ancora poco conosciuto e apparentemente raro che colpisce prevalentemente i bambini, caratterizzato dall’incapacità di parlare in alcuni contesti sociali nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma. Dopo i saluti di Angela Serafini, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo “Alda Merini” di Castel di Sangro, l’appuntamento ha avuto inizio.

Il primo a prendere la parola è stato Roberto Gemmi, referente dell’A.I.Mu.Se. Abruzzo: “La nostra associazione – ha spiegato – nasce nel 2009 a Torino ed è composta soprattutto da genitori. Dal mutismo selettivo si esce ed è importante uscirne il prima possibile”. Nel corso degli anni c’è stato un cambiamento: “Il mutismo è passato da elettivo a selettivo. Ora con la nuova normativa il mutismo diventerà “di situazione”, in quanto il bambino ha un comportamento che si manifesta a seconda del luogo in cui egli si trova”. I genitori dei bimbi con questo problema hanno la possibilità di ritrovarsi anche on line, per interagire tra di loro e confrontarsi sul tema: “C’è un gruppo Facebook dedicato che oggi conta 3.000 iscritti. Il gruppo è chiuso per consentire la tutela della privacy di ogni persona che sceglie di farne parte”, ha detto Gemmi.

È stata poi la volta di Marta Di Meo, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, che ha aperto il proprio intervento ripercorrendo la strada fatta negli ultimi anni: “Inizialmente il mutismo selettivo, di cui mi occupo nel 2009, non era molto conosciuto. Io ho dunque iniziato a lavorare senza avere un trattamento specifico. Oggi siamo arrivati ad avere delle linee guida che possono essere utili per il riconoscimento in classe dei bambini con mutismo selettivo. Il genitore, una volta informato del problema, dovrebbe rivolgersi a uno specialista della neuropsichiatria infantile”. A tale proposito, ha affermato la dottoressa Di Meo, ci deve essere un intervento a 360 gradi tra famiglia, scuola e specialista, all’insegna della sinergia: “A volte c’è un po’ di resistenza da parte del genitore che deve accettare questa condizione, altre volte questo atteggiamento può essere assunto dalla scuola. La collaborazione è molto importante perché la resistenza di una delle parti comporta un rallentamento del lavoro e un aumento della frustrazione. Poiché ogni bambino è diverso, è necessario utilizzare strategie differenti, a volte anche sperimentando. L’intervento dello specialista non deve essere vissuto come intrusivo: ciascuno, con la propria competenza, può apportare contributi preziosi, necessari al trattamento”.

Cosa può fare la scuola? “Innanzitutto gli insegnanti devono osservare. Un segnale da non sottovalutare è la rigidità corporea, che può arrivare fino alla completa immobilità. E poi c’è la difficoltà del bambino nel rispondere alle domande con cenni del capo o gesti del corpo. Non va inoltre dimenticato il comportamento verbale: la difficoltà del bambino a parlare con gli adulti o con i coetanei, a rispondere a domande dirette o indirette, a fare richieste, comprese quelle fisiologiche di base, e a rispondere al genitore che lo accompagna quando si sente osservato da altre persone. Tutto questo non fa che alimentare la frustrazione del bambino, che magari viene sfogata una volta tornato a casa. Succede così che nel contesto scolastico il bambino non riesca a esprimersi, per poi avere, in casa propria, un comportamento del tutto opposto”.

Per il mutismo selettivo non c’è un elemento scatenante: “Si tratta di un disturbo d’ansia, e l’ansia porta il bambino a chiudersi nella completa rigidità. Questo comportamento non va considerato soltanto nel primo mese di scuola, perché in quel caso può essere legato a una normale difficoltà di ambientamento”. Nel trattare il mutismo selettivo vanno evitate le domande dirette, così come gli sguardi dritti negli occhi: “Non bisogna far percepire forti aspettative personali, visto che l’ansia del bambino si nutre proprio di queste aspettative. È opportuno farsi vedere calmi e rassicuranti perché così il bambino si tranquillizza. Inoltre non bisogna mostrare entusiasmo qualora il bambino dovesse parlare, perché altrimenti si rischia di rinforzare l’immagine che egli ha di se stesso, cioè appunto l’immagine di un bambino che non parla”.

Infine Gemmi, raccontando la propria esperienza di padre, ha concluso: “Il problema dell’accettazione è un aspetto fondamentale che parte sempre dal genitore. Il punto fondamentale è sempre quello di dire: “Facciamo un passo avanti”. Questo è un elemento importantissimo per poter aiutare il nostro bambino”.

“Il ‘silenzio’ nel mutismo selettivo”, un’interessante occasione di confronto a Castel di Sangro ultima modifica: 2018-04-22T00:15:32+00:00 da Redazione
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