L'Aquila

Chaplin “Luci della città”

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L’AQUILA – In una delle scene di un famoso film muto dei primi decenni dello scorso secolo, un galantuomo squattrinato (interpretato da Chaplin) spende quel poco che ha per acquistare un fiore da una ragazza cieca seduta su un muretto. La giovane donna, con lo sguardo perso nel vuoto, accenna a un sorriso e, attraverso quel gesto di tenerezza, nel buio dei suoi pensieri si fa spazio la luce. E proprio così che mi piace vedere L’Aquila, oscurata da un apparente silenzio, in cui, grazie al lavoro delle maestranze e alla perseveranza dei cittadini, riaffiora la vita e pian piano tornano a brillare le “Luci della città!

In una Londra che a fine Ottocento era testimone del tramonto dell’epoca Vittoriana, nasceva uno dei più grandi artisti del Novecento: Charles Spencer Chaplin. L’Inghilterra si affacciava al nuovo secolo consapevole dei mutamenti di una società che l’industria e il capitalismo avrebbero cambiato per sempre. Era, quello, un periodo carico di contraddizioni che si prestava a far pagare un prezzo salato al progresso. I bambini e gli adolescenti divennero l’anello più debole della società, a volte rimasti soli a lottare per la sopravvivenza o, nel migliore dei casi, a collaborare con i genitori per contribuire al mantenimento della famiglia quali precoci lavoratori di un’industria sempre più ghiotta di manodopera e sprezzante nei riguardi delle esigenze del ceto posto ai margini del vivere civile. Così, il piccolo Charlie, figlio di un fannullone (e per giunta ubriacone) e di una madre psicotica, entrambi attori di teatro, si trovò a crescere tra le grigie vie che si snodavano intorno al Tamigi. Grazie a sua madre conoscerà il teatro e farà dell’alcolizzato uno dei pezzi più riusciti delle sue pantomime. Ma, l’impegno, se non accompagnato dal talento e dalla fortuna, spesso non basta. E la fortuna, si sa, aiuta gli audaci. L’occasione capitò quando questo giovane figlio della Perfida Albione si trovò in una tournée teatrale in America, proprio nel decennio in cui la nouvelle arte cinematografica faceva il suo ingresso nel mondo dell’intrattenimento. Fu subito colpo di fulmine. I primi corti cinematografici vennero girati nel febbraio del 1914, e, immediatamente, quell’improvvisato attore capì quale fosse la sua strada. Indossò i panni del girovago con i quali si apprestò a conquistare il mondo. Con vesti larghe e malconce, scarponi schiodati, una bombetta, un bastone, baffetti, una sorprendente mimica e un’immensa creatività inventò una delle maschere più ammirate del secolo: il Vagabondo. Insomma, una sorta di riscatto dei disagiati costruito a suon di sorrisi, di simpatiche gag dalle quali emergeranno appassionati situazioni tragicomiche che danno luogo a spunti di dialogo e a momenti di riflessione. Un personaggio, quello di Charlot, che in qualche modo rappresentava istanze comuni a quelle di noi italiani di inizio Novecento che cercavano di integrarsi in una società, quella multietnica americana, ancora impregnata di luoghi comuni che relegava gli emigranti italiani, non per niente considerati i bianche-neri, in ghetti nei quartieri malfamati di New Orleans e di New York. Nei suoi film, temi come l’emigrazione e l’emarginazione saranno trattati ampiamente. Ecco, dunque, che la trasposizione ironica della dura realtà alla cinematografia, quando viene rappresentata da un genio beneficiario di fantasia non comune, fa sorridere, innamorare, commuovere e nello stesso tempo riflettere.

(a cura di Fulgenzio Ciccozzi)

Chaplin “Luci della città” ultima modifica: 2017-11-27T22:16:43+00:00 da Redazione
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